30.12.08

Sollievo


Si rivolge a un’acqua mortale
La vittoria d’un fiato
Per altra vita l’urgenza
È un timido papillon

Ecco l’importante avviso che arriva
Blu binario il modello di una porcellana



[ Antonio De Rose ]


Foto A.De Rose

26.12.08

Nebbie alla fronte


Si alzano in punti di grigio sul piano

In chiome spente di una vegetazione rada

Il lamento che finisce e un tremore

Complice si propone di creature

Sottili che non vedete



[ Antonio De Rose ]


Foto A.DeRose



25.12.08

Psichico


A breve l’inchino fonderà un’esistenza

opposta

Si appoggeranno le anche sulle coperte logore

di un incavo



All’uscita mi ritrovo incapace


[ Antonio De Rose ]

Foto A.De Rose

23.12.08

Errante


Ti incontro sulla porta
Mi prendi sottobraccio
Con l’ombrello da spiaggia
Misuriamo il lungo raggio
Che si spezza
Davanti al mio mattino





[ Antonio De Rose ]



Foto A.De Rose

18.12.08

Definitivo


«Senti vuota, ora, la mia presenza?» disse l’Ospite

e là, sulla piana, si affiancava alla strada sconosciuta

all’aria che gonfiava notturna, e fatto di riposo e labbra silenziose

qualcosa adesso traspare vicino a noi, è un movimento che vive

di imitazioni, inconsolabile di ruoli che sporgono avanti e indietro

avanti e indietro, avanti e indietro, avanti e indietro

«Senti vuota, ora, la mia presenza?» disse l’Ospite


[ Antonio De Rose ]
Foto - elab. A.DeRose

14.12.08

Serse è un nome


Non ha avuto niente
Serse, dallo spazio alto
che lo tinge d’acciaio
E dall’alto uno sfogo
irrefrenabile inclina
in un margine d’ombra
la sventura allunga su Serse

Consapevole
una luce trascesa
smorza il gran torto
che nutre l’ombra
La sua materia definitiva
ora finemente si spegne
con Serse
(nome da figura umana
non muri d’aria)
[ Antonio De Rose ]
Foto A.De Rose

11.12.08

Personale verità


L’insidia… sullo sguardo spaurito
si conserva ancora e chiama orgoglio
la conta delle gocce nei miei occhi

Non portarle via, hanno dietro un male
che spacca per noi due le frasi
della tua falsa ironia, più bassa
ma almeno convincente

nel dare forma alle lacrime
del più fumoso giorno
[ Antonio De Rose ]
foto e manipolazione foto: A.D.

2.12.08

Avanzare

La strada porta a una tradizione casuale, difende
un ripetuto dissolversi degli eventi, anche in un figlio
la forte regressione nello spazio della cella
struscia da parte a parte, il libero pensiero dell’esilio

Io, a volte ti sorrido
[ Antonio De Rose ]

28.11.08

Ricordare

Paura, lingua dei modi
s’apre di statue alla commedia
ostili

Scompare nei termini
di una quiete ai denti
appesa
[ Antonio De Rose ]
Foto A. De Rose

22.11.08

ASSIM NOS DIAS, REBUS


ASSIM NOS DIAS, REBUS

(versione portoghese di COSI' NEI GIORNI, REBUS a cura di Claudia Vianello, Sao Paulo, 21.11.08)


A minha frágil unha tem uma mancha
de fineza, ignoro a marca no pulso
Feita igual, do amor visível não há eco
nestas folhas dispersas que não lerás
tu, límpida e severa poesia em cilada
depois me aprisionas, e te apresentas informe
nunca nos perderemos

Pouco faz, aos meus companheiros que movem as caudas
(gatos das noites de vigília, mais jovens do que antes
nas colônias azuis roçam-se a uma borboleta)
te mostravas em cores do relâmpago longo
a mais longa escuta da vida, quimera
que até a mim te move

E em raios te derramavas como energia das descidas
rock and roll de um céu de obras, que muda e vai
cai e se agita se gira, punge de planos eternos
uma epopéia de passos, às vezes se comove cativante

Das alturas, regressa ao ar a águia mas é tal, voz borboletinha
que leve se comprime ao redor do meu pescoço, macia
não a escondo jamais sobre a ponta da língua


COSI’ NEI GIORNI, REBUS


La mia fragile unghia ha una macchia
di finezza, ne ignoro l’impronta sul polso
Fatta uguale, d’amore visibile non ha eco
su questi fogli sparsi che non leggerai
tu, limpida e severa poesia in agguato
poi mi serri, e ti affacci informe
non ci perderemo mai

Poco fa, ai miei compagni che muovono le code
(gatti delle notti di vigilia, più giovani di prima
nelle colonie blu si frusciano a un papillon)
ti mostravi in colori del fulmine lungo
il più lungo ascolto della vita, chimera
che fino a me ti muove

E in lampi ti rovesciavi come energia delle discese
rock and roll d’un cielo d’opere, che muta e va
cade e si agita s’aggira, punge di tracciati eterni
un’epopea di passi, a volte si commuove accattivante

D’altezza, ritorna in aria d’aquila ma è tale, voce farfallina
che leggera mi si stringe intorno al collo, morbida
non la nascondo mai sulla punta della lingua


[ Antonio De Rose ]

16.11.08

Entropia trasformazione

IL Morto accanto al Re
PROSSIMITA' DELL'AUTORE

- Nel mio Libro ogni cosa è scritta e prevista. Anche il mio Essere, che è Sublime, scivolerà man mano nel sonno muto.
- Parla per te, anche da qui io tutto ancora ho da vedere e le mie parole dico. Quelle che tu non potrai mai scrivere, giammai dettare.

Il Morto si rifiuta di accettare l’ineluttabilità della sorte entropica, che lo vorrebbe sottomesso a quella – in comune - del Re (“…ogni cosa…Anche il mio Essere…”.). Artaud, dal suo “teatro crudele”, esemplifica ne Le palais hanté la condizione del Re, una volta per tutte.

Forma e materia si possono sottoporre a torsioni infinite ma non si governano totalmente. Nemmeno il disordine finalistico dei processi naturali vi può riuscire. La materia non si arrende alla piaga della dispersione e del caos, e cerca le forme per opporsi.

- Sentiamo già le obiezioni dei Realisti… “Non ci si ribella alla volontà di Sua Maestà!”.
Illusi e demagoghi.”

Il Morto comprende il bisogno di convivere con l’assurdo del destino entropico, (“Non ha peso l’obbligo al presagio”). Il Morto stesso è l’Assurdo! Allora vale la pena enfatizzare la vulnerabilità della forma e della materia, per fare dell’opera eterno punto di partenza, memori dell’innominabile “disordine ordinato”.

Bisogna impregnare la materia di sentimenti. (Louise Bourgeois)
Dunque se la materia, in base alla legge dell’entropia va a degradare, anche i sentimenti che vi vengono riversati, subiranno identica sorte, e di rimbalzo ciò varrebbe per tutto il resto: anche per l’arte e le emozioni; finanche per le parole?
Anche le parole sono sottoposte alla perdita dell’energia vitale.

Io non so capire, niente capo né coda trovo, non c’è un filo conduttore, comprensibile, plausibile…per tutto questo dire. Così non posso intitolare questo discorso. Oppure non voglio.



A. D.

Novembre 2008

Entropia trasformazione Collettiva di Arte Contemporanea a Firenze





Il Morto accanto al Re, poesia visiva, opera di A.De Rose (part.)
*** *** ***
17-23 Novembre 2008 FIRENZE Sala vetri e Salone Piazzetta Madonna della Neve (ex-Murate) orario 16:00-19:00
Aperitivo_Incontro con gli artisti Domenica 23 Novembre ore 17:00

Passaparola: Graffiacielo Vendesi :((

http://www.equilibriarte.org/enzocorrenti/blog/lo-studio-d-arte-il-graffiacielo-chiude-tutto-in-vendita-

12.11.08

Habere Artem Vol. XI - Antologia Poetica/Semplicità


Semplicità

Il viale ha due grandi bocche
e dal tetto sollevato
si spalanca, la vecchia testa

Un chiarore a effetto
quando vulnerabili si schierano
i piccoli cipressi
mentre si va via, la visione
moltiplica

E non basta là sul confine
sfilare, protegge le mosse annunciate
più indietro
una verità laccata, comprensione racchiusa
nel quotidiano commiato

[ Antonio De Rose ]

10.11.08

Cinque vite agitate

Cinque vite agitate
Sono state figlie magnifiche
Di un ordine canoro
Come segnale di inizio
Di un breve racconto

Da una porta che sbatte
Si ascolta il lavorio
Di una mente
Che è così
Dietro il panorama serale
Appena entrato nella stanza

Lentamente ispira un modello
Per la nave che salpa in fretta
Guarda là dove il sole è caduto
E precisa la sua catastrofe
[ Antonio De Rose ]

5.11.08

Asserimento

I fili arrivano all’erba, le mani sentono
La direzione ancorata agli occhi, nel riposo
Del vento abbiamo visto leggero un aquilone
E nei volti scontenti, qualcuno è morto ucciso
Contro un muro

Chiudete le porte a mezzanotte: le ombre
Benevole finiranno più scure, minute
Appoggeranno a una posa immobile l’aria
Già ferma, che nessuno dentro vede
E non ha luce


[ Antonio De Rose ]

2.11.08

Anche

Tale è anche l'amore verso quelli che amiamo:
che scrisse poche parole piene d 'ardore a sua madre,
e quantunque sapesse bene che è cieca
le disse: 'To', prendi e leggi!'.
Vladimir HOLAN

1.11.08

Futuro


L'allusione include un tempo trasferito

penso città con nome sporco

ruota nella mia idea letale


[ Antonio De Rose ]

Foto A.De Rose

31.10.08

Forse


Forse l’ossessione dolce e calda
L’ossessione di questa frase
È inchiostro sulla lingua
Un chiodo che spinge



[ Antonio De Rose ]


foto A.De Rose


27.10.08

Questa volta





La realtà distante, le pause
Gli occhi puntano attraverso il vetro
Il tuo sguardo muto, alla finestra
Il tempo sembra un addio
Di libertà, il giramondo
[ Antonio De Rose ]
foto A.De Rose

26.10.08

Scogliera


Le raccontò di un imbarazzo la intenerì
Fin dalla prima volta e prima che la mano
Tesa frugasse tra le fenditure

Tra l'altro andiamo da quella parte
[ Antonio De Rose ]
foto A.De Rose

25.10.08

Bocca d'addio

Questa storia, è di una prima metà del sorriso
la pelle, dall’altra si sente anche in salvo: a mezz’aria
rimane, ma forse non mente se ha sempre ispirato
la verità che invoca, e ricade come illusione:
quando dalle origini più spesso si gela
il rigore emette a misura, una carezza

La sola fuga da qui, è rappresentata da una colpa:
affiora prima che avvenga, e l’addio si smarrisce nel risvolto di una sofferenza - di nuovo incapace alla nausea
esplode la festa banale, un fatto d’addio
lontano comincia, tu fai posto agli stracci

e non sembri più la solita


[ Antonio De Rose ]

22.10.08


La signorina Counihan non aveva mai provato nulla di così delizioso come quella osmosi al rallentatore della saliva d'amore.

Murphy, S. Beckett

foto A.De Rose

20.10.08

All'amata

Ho chiesto un riparo da assegnarmi, una origine
Da dire guardando i passi, che ritroverò nel vuoto
Laggiù abitualmente l’ozio degrada sul collo, il torto
Ma non altri delitti da queste parti, dopo questo sole

Non è tutto, partono sull’orologio le folle del dolore
Ogni lingua personale si spoglia, eppure chi scrive
Riscalda in viso, compie l’azione del sotterfugio
Si chiama aria, furto d’infinito su cui la quiete balza
[ Antonio De Rose ]
foto A. De Rose

19.10.08

Aria stringente, lingua d'amore non è


La voce
Si attarda generosa, la piega
Scolora dal fondo delle scale, se vuole
La piega occulta del nome

Fuori tempo
Ancora in un mese di sabbia
La notte, infelice e nutrita
Da un pieno di luci, si addensa

La notte
Cancella col ferro di strazio
Di un nulla, che è stato
È rimasto a guardare, lo strazio

In oratori di sangue, i giardini di stracci
Ma prima la voce, trovata che importa
Come a esempio di corpo, il margine
Accanto


2007
[ Antonio De Rose ]
foto, elab. dell'autore





18.10.08

Dantesca




Acqua segnata da piccoli tigli, da un’ombra
si muove la chiara
forza d’oceano su foglie scacciate
e ferite

In uso coerente la parte che arcigna vi scrive
d’ira, del caos che comprende il mestiere
di ogni giorno, fra giovinezza e capitoli di quiete
con la megera che è piantata dentro




2008


[ Antonio De Rose ]

16.10.08

"chissà dove, nel nulla"

"chissà dove, nel nulla", Anna ACHMATOVA
foto A. De Rose

15.10.08

Recitare

foto A. De Rose

14.10.08

E' il mito che pensavo di lasciarti

Inaugurazione
nella foto di Federico Vianello, da sx Paolo Grigò (artista), Dario Carmassi (Assessore alla Cultura, Comune di Bientina-Pisa), Antonio De Rose (artista e promotore dell'evento)

12.10.08

Al passo intimo








Osserva un po’della mia strada
nell’iride ingobbita della tua coscienza
per ora è la stagione di sempre

Poi senti il silenzioso flusso dei veicoli
si arresta nel mio orecchio, a uso e maniera
sfilano le foglie, dopo

E una domanda: un calpestìo di volti immobili
in mezzo, nella città che non è la
tua città, dà piacere? e ha carico di motivi
che io non vedo? Più che basti alla breve
vita inospitale, qualcosa è di quel passo


[ Antonio De Rose ]

9.10.08


Un po’ l’età-vernice, un po’ presente d’astuzia la vecchia
festa rientra invitata da un ritmo residuale
un ballo che semplifica il tiepido obiettivo
di un sentimento appena sia
[ Antonio De Rose ]

5.8.08

Senza fiato


Si ritrae morendo (in uno strano abbandono
della lingua) mi soffia alla fronte, la notte
ha un livore che non nega i dettagli
La tua voce rotta un verso romantico
affatica

Quanti anni di meno restano aperti (ci penso)
e non basta più esserci

[ Antonio De Rose ]

30.7.08

Gramigna, di Beatrice Niccolai


L'ULTIMO VIZIO DI NEBBIA
Cerco nella memoria futura
un punto lontano che non sia già passato
e che non abbia il gusto amaro
della tristezza.
Nel vino bagnato di me, ho sciolto,
bevendoti
l'ultimo vizio di nebbia.
Beatrice Niccolai
L’anima nelle tasche, a cosa servono le parole

Riempite la mia vita e siete altrove
A. DE NOAILLES


E così mi ritrovo in quel suo blog meraviglioso. Dal principio avverto tutte le suggestioni di uno spazio dove nella visione affiorano note d’istinto e pagine preziose. Su queste ultime leggo ancora adesso un fiato che scivolandomi addosso, mi lascia in tumulto.

Beatrice si tasta la mente già nei titoli, si immerge nelle parole perché è con queste che vuole stare al mondo, ma dentro quale spazio? Quello, palpitante, da costruire ogni sera, quando l’anima batte senza appello e la sua voce si rovescia in un autoritratto traforante due specchi, l’uno di fronte all’altro.

Con la sua lingua di parole Beatrice Niccolai ci incanta a non esplicitarci assenti, traditi dalle verità; ci spinge ad entrare nel corpo dell’Amore come esito di affondo critico alla vita ostile. Alla vanità di un verseggiare retorico, oppone l’anti-poesia che nasce dall’interazione tra il testo e l’esistenza come risposta senza posa, interrogativa mise en scéne. Le mani in tasca, il tranquillo monologare della scrittura, da prospettiva notturna si cambia in dialogo vincolato a una luce di creazione, perché non cessa affatto di essere corpo.
Del resto era Leopardi a dire che il corpo è il punto da cui si parla.


[ Antonio De Rose
Tra i "fiori nati spontanei" in prefazione del libro ]

29.7.08

Avanzare


La strada porta a una tradizione casuale, difende
un ripetuto dissolversi degli eventi, anche in un figlio
la forte regressione nello spazio sgangherato
struscia da parte a parte, libera il pensiero dell’esilio

Io, a volte trasalisco in un sorriso


[ Antonio De Rose ]

29.5.08

Le stanze del cielo, di Paolo Ruffilli


NELLA PAROLA CALMA, LA CHIAVE E UN ALTRO VERSO

Nota a Le stanze del cielo di Paolo Ruffilli



Perché non si incontra realmente mai nessuno.
E’ una tensione insopportabilmente intima e dolorosa, lo spazio della risposta nello spazio: “nella gabbia contro il muro”; è la realtà della reclusione, “causa” della più recente fatica poetica di Paolo Ruffilli.
Molte espressioni nella parola di oggi prendono la strada oscillante tra l’assunzione della lingua anestetizzata del quotidiano, e il verso collocato nell’intarsio per induzione meccanica. La parola, perde il suo ritmo, la direzione principale per il belvedere, e devia per il sentiero illuminato a giorno esclusivamente sull’autore.
Per la poesia di Ruffilli invece luce e visione sono le stimmate dell’oscurità. Nel dire, si drammaturgizza il dolore nei suoi connotati … e il corpo scompare. “L’odore di vita” si guarda intorno e trova “tutto spostato indietro / tutto più lontano”.
Nelle Stanze del cielo la realtà della reclusione è scandita da un ritmo dei versi a-temporale e per spazi anonimi, perché solo tali e in questo modo descrivibili, nel loro stereotipo.
“Ma che significa punire?”, dalle pagine interiori della prigione, diafano e opaco anche il rifiuto (“tenevano difesa / in coro dall’offesa”) finisce per essere salvezza accecante (“ma chi può vivere senza prospettive?”); i personaggi appaiono non come ombre e movimenti sfocati ma in tutta la loro cruda materialità. Il segreto personaggio diviene la gabbia che, d’artificio, si trasferisce in toto dentro il corpo, fin dentro il suo spazio vitale. Il corpo occupa, per l’escluso, la più “intima”, “fruttuosa” occasione per “un altro nome”.
Altro non resta dunque che riconoscere il meccanismo, e cercare quel po’ di riparo (“la sete, il desiderio”), a empire ogni giovinezza più di fatti, non meno di futuro.


Antonio De Rose

20.5.08

Dignità

La pozza d’acqua piovana riflette
i cieli ferrati di una piccola stazione
La campagna, tra gatti e favori
in tema di prossimità ha un brusìo cupo
di topi che rovinano su nasi bitorzoluti
Qualcosa che è diritto fasullo
mito manchevole del luogo

Anche questo, più di tutto spoglia d’impulso
un gusto di voglie ritrovate
Calma rabbia di realtà, nome
di un caso strano e familiare
si arrendono al sonno più vicino
Dopo soltanto, si sbagliava

23.3.08

ATTI

All’indietro nell‘infanzia, a corto
Di inquietudine (non l’ha mai avuta)
Erano le dieci del mattino, tutti
Tutti sulla neve (è fatta di sogno)
Io pensavo, quando non ho nulla
Penso a te

Lunga vita alta sfioriva, è giugno
Saturno amore (guidami con voce)
È la fame di luoghi lo sanno, tutti
Tutti stupiti (aveva fatto fuoco)
Il paesaggio l’erba dell’autunno
Cercano te

Appena si nasconde, un’orda
Passa il pianto (si tratta di destino)
A che serve il dispetto, di tutti
Tutti soltanto (il volere è breve)
I miei occhi dopo i tuoi occhi
Ricavano per te

31.1.08

Trittico in questa direzione

Una mano benvenuta che suda, una spiegazione
in questa sera di scavo, riposiamo su vuoti gestuali

Guardate però chi mi offusca, ebbe il suo fuoco
d’inizio crudele, castigo raggiunto al petto, lui stesso

Tra le vocianti interrogazioni ne trasse, accresciuto
tra un pomeriggio rimasto più indietro, e l’altro racconto

Da solo, un’eternità di sonno e non poco consola
che accada per durare, l’adagio dei tuoi occhi, l’oggi

Ne avremmo poi miglior forza, come intitola un breve
bonario riscatto, forse mescolato alla calma delle vene

E’ dove è affar loro che: tre dunque sorveglino l’esito, pietà
che t’arrendi al pubblico, in questa direzione: così, allora, perciò